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"Arcimboldo e Caravaggio: un possibile apprendistato?", un saggio di Giacomo Berra

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Presentiamo il contributo di Giacomo Berra: Le teste ‘composte’ e ‘reversibili’ dell’Arcimboldo e la nascita della natura morta, in Arcimboldo, catalogo della mostra (Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini, 20 ottobre 2017 – 11 febbraio 2018), a cura di S. Ferino-Pagden, Milano, Skira, 2017, pp. 120-127. 


Questo saggio riprende e amplia un saggio dello stesso studioso pubblicato (in giapponese e in inglese) nel catalogo della mostra su Arcimboldo a Tokyo del 2017: Arcimboldo: Nature into Art, catalogo della mostra (Tokyo, The National Museum of Western Art, 20 giugno – 24 settembre 2017), a cura di S. Ferino-Pagden e S. Watanabe, Tokyo, The National Museum of Western Art et al., 2017, pp. 183-187 (testo in giapponese), pp. 230-232 (testo in inglese).
(Fonte: About Art online)

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A Palermo il 23 marzo presentazione del catalogo "Suggestioni caravaggesche", con Rossella Vodret e Giuseppe Porzio

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Venerdì 23 marzo 2018 ore 16.00
Palermo, Palazzo Steri / Sala delle Capriate

Presentazione del catalogo

SUGGESTIONI CARAVAGGESCHE
dai depositi di Palazzo Abatellis. Una storia non semplice
a cura di Giacchino Barbera ed Evelina De Castro

e del dipinto "Venere e Amore" di Giovanni Ricca dopo il restauro

Introduce
Maria Concetta Di Natale
Direttore del Dipartimento Culture e Società, Università di Palermo

Intervengono
Rossella Vodret, già Soprintendente per il Polo Museale Romano e curatrice della mostra "Dentro Caravaggio", Milano, Palazzo Reale
Giuseppe Porzio, Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"

Presentazione de "Il mistero dell'angelo perduto", il 24 marzo a Palermo

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Paolo Jorio e Rossella Vodret
Il mistero dell'angelo perduto

Con gli autori interverranno
Gioacchino Barbera
Sergio Bonanzinga
Gianfranco Marrone

Sabato 24 marzo ore 11:30
Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino
Piazzetta Antonio Pasqualino, 5 (trav. Via Butera), Palermo

"Palermo, l’arte al tempo della guerra. E il Caravaggio rubato che (già) non c’era", di Michele Cuppone

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Una mostra sull'arte durante la guerra a Palermo è occasione per ripercorrere la storia della 'Natività' di Caravaggio in quegli anni e in quelli immediatamente successivi, nonché la storia di Filippo Meli, il sacerdote che se ne prese cura fino al 1965



È stata prorogata fino all’8 aprile la mostra fotografica e documentale La Guerra dell’Arte, a Palermo presso il Convento della Real Magione. Il titolo, che parafrasa “L’arte della guerra” di Sun Tzu, stigmatizza come le opere d’arte abbiano da sempre combattuto per poter giungere, illese, sino ai giorni nostri. Come scrive il curatore Attilio Albergoni, “le fotografie esposte provengono da vari archivi esteri e nazionali ma sembrano immagini scattate da un solo uomo, quasi che la guerra a Palermo fosse vissuta da un essere solo”.
Ed è davvero toccante ciò che si presenta agli occhi del visitatore e che resta impresso nel ‘catalogo’ (fuori commercio) realizzato dalla Regione Siciliana, per i tipi di Navarra Editore. Il capoluogo isolano fu particolarmente martoriato dalle incursioni aeree avvenute nel corso del 1943, e se il ‘tributo’ in termini di vite umane e più in generale per la città fu ingente, molte opere d’arte poterono d’altro canto salvarsi grazie a una lungimirante operazione di prevenzione. Esemplare è la foto dell’oratorio del Rosario in San Domenico, dove si vede la ben collaudata opera di puntellamento, consolidamento e messa in sicurezza di statue e pavimentazione attraverso assi di legno e sacchi di sabbia. La pala d’altare del Van Dyck risulta assente; così come altri dipinti, sculture e vari oggetti di pregio provenienti dal territorio e che furono portati in un ricovero– i più in località San Martino delle Scale, alle pendici dei monti che circondano la città.
Questa foto mi ha riportato alla mente una lettera consultata giusto un anno fa, custodita presso l’Archivio Storico della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo (class. II D.75, prot. 217 del 5-2-1948). A scrivere, all’allora soprintendente alle Gallerie della Sicilia Filippo Di Pietro, è il rettore dell’oratorio di San Lorenzo, don Filippo Meli. Eccone il contenuto:


Palermo 
3 febbr. 1948 
Egr. Prof. Di Pietro, 
Le comunico che da parte di Sua Em. il Sig. Cardinale Ruffini è stato restituito il dipinto del Caravaggio a questo Oratorio di San Lorenzo. La prego quindi di esser gentile ad inviare due persone capaci per potere rimettere a posto dovuto il suddetto prezioso dipinto – perché non voglio responsabilità. 
Con molti distinti ossequi
Suo dev.mo 
Sac. Filippo Meli

Mi sono sempre chiesto il motivo per cui la Natività, come si deduce, era stata temporaneamente fuori dalla sua dimora abituale, dove vi faceva rientro in quei primi mesi del 1948. Una mostra? Non poteva essere: il quadro fu esposto soltanto a Milano nel 1951 e a Parigi nel 1965. Ecco ora che, ricollegando i dati disponibili e approfondendo il tema (vedi La protezione del patrimonio artistico nazionale dalle offese della guerra aerea, Firenze 1942, p. 339), tutto diventa più chiaro. La tela, durante la guerra, fu spostata in luogo più sicuro e non senza difficoltà, legate al suo alloggiamento nella cornice con angeli in stucco del Serpotta (da cui, come visto, la richiesta di “persone capaci”). Sarebbe poi tornata in situ– dopo un passaggio presso l’Arcivescovado – una volta terminati i restauri dell’oratorio (che subì danni nel bombardamento del 15 febbraio 1943). Restauri, che dovevano fare i conti con la lunga e più generale ricostruzione del centro cittadino.
Tornando alla lettera, da essa emerge tutta la premura da parte di Meli per il “prezioso dipinto” che, come rettore di San Lorenzo, in lui trovò un geloso custode (fino alla morte avvenuta nel 1965). Meli, è ricordato anche come infaticabile studioso e ricercatore – fu lui peraltro a ritrovare il documento con cui Paolo Geraci si impegnava a dipingere una copia della Natività, identificata molti anni dopo nell’ufficio del prefetto a Catania (e cui ora si aggiunge un’altra copia: se ne parla nel fascicolo 9 della rivista “Valori Tattili”) [...]

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"Caravaggio e i letterati", convegno di studi interdisciplinare il 20 e 21 aprile a Roma

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Venerdì 20 e sabato 21 aprile si svolgerà, presso la Biblioteca Hertziana a Roma, il convegno di studi interdisciplinare "Caravaggio e i letterati".
Presieduto da Sybille Ebert-SchiffererSebastian Schütze e Alessandro Zuccari, il convegno prevede interventi di: Giacomo Berra, Francesco Porzio, Laura Teza, Maria Cristina Terzaghi con Giuseppe Andolina, Stefano Pierguidi, Patrizia Tosini, Helen Langdon, Marco Pupillo, Emilio Russo, Sonia Maffei, Massimo Moretti, Herald Hendrix, Massimiliano Rossi.

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Come riconoscere Caravaggio? ‘Questa’ diagnostica non basta più! Il parere di Roberta Lapucci

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Nuova intervista su About Art online a studiosi caravaggisti, parla Roberta Lapucci


-La prima domanda che vorrei porti riguarda questo sviluppo molto rilevante che stanno prendendo le indagini diagnostiche nella lettura delle opere caravaggesche, di cui ultimo importante esempio è l’esposizione che ha chiuso recentemente i battenti a Palazzo Reale Dentro Caravaggio, ideata e curata da Rossella Vodret; certamente hai visto la mostra e letto il catalogo, dunque cosa ne pensi? 
R: Prima di risponderti vorrei se mi consenti fare una veloce cronistoria riguardo alle mostre e alla diagnostica, perché in verità già dopo la prima famosa esposizione del 1951, anch’essa tenutasi com’è noto a Milano a Palazzo Reale, si era arrivati ad una impasse che spinse Roberto Longhi a porre il problema di analizzare le incisioni come metodo complementare per iniziare a riconoscere le opere di Caravaggio. Il passaggio successivo, certamente quello più importante se non vogliamo considerare le analisi che si venivano conducendo su singole opere, come ad esempio nel caso delle tele di San Luigi dei Francesi o della Medusa degli Uffizi, fu l’esposizione The Age of Caravaggio (Caravaggio e il suo tempo), che si svolse nel 1985 tra Napoli e New York, e che è stata fondamentale per far prendere coscienza del fatto che si dovesse valorizzare anche la lettura ‘tecnica’ nello studio dei dipinti del Merisi; partendo da lì, in effetti, Maurizio Marini e Mia Cinotti– due fra i più grandi esegeti dell’opera del genio milanese oggi scompars – iniziarono ad inserire delle cospicue parti dedicate al restauro nelle loro monografie; ecco quindi che i primi anni ’80 sono stati decisivi, davvero uno snodo basilare per virare verso un approccio compendiario dalla diagnostica allo stile e all’iconografia, e non a caso le indagini diagnostiche furono inserite anche nella mostra. E, se posso dirlo, anche la mia tesi di dottorato nacque da qui. 
–Cioè? Di cosa trattava la tua tesi e con chi la realizzasti? 
R: Il titolo, che riassume il contenuto, era La tecnica del Caravaggio: materiali e metodi, la sostenni alla Sapienza di Roma con Corrado Maltese, Maurizio Calvesi e Mina Gregori. Aggiungo che mi ero laureata con Ugo Procacci con una tesi prettamente documentaria e che per due anni dopo il dottorato sono stata diretta da Paola Barocchi alla Scuola Normale Superiore di Pisa per progetti di catalogazione informatica museale. 
–Accidenti, un bel biglietto da visita! 
R: Si, ho avuto la fortuna di avere maestri eccellenti, non potevo chiedere di più. Dopo la tesi di dottorato venne la mostra del 1991, Come nascono i capolavori, curata da Mina Gregori, dove ebbi un parte di rilievo e dove per la diagnostica proposi un metodo basilare di lettura (una scheda di rilevamento strato per strato, arricchita dai parametri tecnici) che è ancor oggi in uso. In seguito ci sono state altre iniziative ad opera di storici dell’arte di grande rilievo in Italia, come Claudio Strinati, Rossella Vodret, nonché di storici applicati allo studio della tecnica come Marco Cardinali e Maria Beatrice De Ruggieri, per un periodo insieme con Claudio Falcucci, o anche di esperte di restauro come Valeria Merlini e Daniela Storti insieme a Bruno Arciprete, Carlo Giantommasi, Donatella Zari. Tutto ciò lo rammento perché da qui ha preso corpo uno sviluppo considerevole di questo tipo di approccio metodologico, con una serie di iniziative su singole opere e studi molto approfonditi. C’era però un limite, e cioè che tutto quanto veniva studiato e riscontrato avveniva su singoli dipinti e raramente si potevano effettuare dei confronti incrociati. Il lavoro svolto rimaneva fine a sé stesso. Questo, possiamo dire, fino al 2010 quando, in occasione della grande esposizione romana del Quattrocentenario della morte dell’artista, il Comitato Nazionale finanziò ulteriori analisi scientifiche; avrebbero dovuto essere pubblicati degli studi a riguardo, tra cui i miei sull’ottica, ma non se ne è fatto più nulla per mancanza di fondi [...]

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La "Natività" del Caravaggio si trova forse in Giappone? Parla il comandante del reparto "Tutela Patrimonio Culturale"

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Nuovi particolari sul furto della Natività di Caravaggio: sarebbe stata venduta nei Paesi dell'Est asiatico



Secondo quanto affermato dal tenente colonnello Nicola Candido, Comandante del reparto operativo Carabinieri "Tutela Patrimonio Culturale", nel corso di un'intervista rilasciata a TVSvizzera.it, la Natività di Palermo del Caravaggio sarebbe stata "commercializzata forse anche in Giappone ... Paesi dell'Est asiatico"
Questo è quanto di particolarmente inedito emerge dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia (Gaetano Grado?), fra quelli recentemente interrogati a tal proposito. "Le investigazioni hanno subito recentemente una sorta di accelerazione, dovuta anche all'impulso che è stato dato dalla Commissione parlamentare antimafia"– come riconosce il tenente colonnello Candido, il quale aggiunge che "sono stati fatti ulteriori approfondimenti in Italia e all'estero".
A quanto pare "un commerciante di origine svizzera (...) sarebbe appunto venuto, all'epoca dei fatti o immediatamente dopo, in Italia, in Sicilia, per trattare l'acquisto della tela". Della tela, peraltro,"non si è in grado di poter affermare in che condizioni sia, però la versione che ci viene fornita, in relazione appunto al commerciante svizzero, è [che] sarebbe stata, a seguito appunto dell'acquisto, frazionata in più parti".

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"L'ultimo Caravaggio: a Milano una mostra spettacolare e provocatoria che mette Caravaggio all'angolo", di Federico Giannini

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Recensione della mostra 'L'ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri' a Milano, Gallerie d'Italia di piazza Scala, dal 30 novembre 2017 all'8 aprile 2018


Non si commetta l’errore di farsi trarre in inganno dal titolo: la mostra L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri non solo ha poco a che fare col grande Michelangelo Merisi (Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610), ma addirittura si domanda, come sostanziale premessa, se sia possibile delineare una storia dell’arte del Seicento che prescinda da Caravaggio. In altri termini: fin dove si spinse l’influenza di Caravaggio sull’arte del diciassettesimo secolo? Si possono trovare aree rimaste impermeabili alle sconvolgenti novità introdotte dal genio lombardo? Per rispondere a queste domande, l’esposizione curata da Alessandro Morandotti, e allestita presso le Gallerie d’Italia di piazza Scala a Milano, prende le mosse dall’ultimo dipinto di Caravaggio, il Martirio di sant’Orsola, eseguito a Napoli per un committente di Genova, e seguendo le tracce lasciate da questa estrema prova dell’artista nato a Milano, parte per un interessante viaggio che porta il visitatore dapprima all’ombra del Vesuvio e quindi sulle sponde del mar Ligure al fine di ripercorrere gli spunti caravaggeschi a Napoli e Genova e per analizzare fino a che segno affascinarono gli artisti locali, e se viceversa ce ne furono altri restii ad accoglierli. La storia dell’arte italiana s’intreccia dunque con la storia dell’arte locale e non solo, dacché la mostra (che, occorre sottolinearlo, si concentra per la più parte sulla situazione genovese che su quella napoletana, cui è dedicata soltanto una sezione: Genova è invece presente in tutto il percorso), focalizzando la propria attenzione anche sulle vicende della collezione Doria, entra contemporaneamente nella storia del gusto e nella storia del collezionismo
Sussistono dunque tutti i presupposti per un’esposizione dal taglio originale, che osserva la storia dell’arte del Seicento con la lente d’ingrandimento, e che certo è molto più genovese che milanese, per quanto tra gli obiettivi figuri anche quello (ottimamente raggiunto) d’analizzare i legami che Milano intrattenne con Genova nel trentennio che la mostra prende in esame, ovvero quello che va dall’anno della scomparsa di Caravaggio, il 1610, fino al 1640, anno in cui, scrive Morandotti nel catalogo, il capoluogo ligure conobbe una “fiammata caravaggesca che investe la città a partire dalle stanze di Palazzo Spinola”: questo perché proprio nel 1640 giunsero a Genova tre capolavori di Matthias Stomer (Amersfoort?, 1600 circa - Sicilia?, dopo il 1650), che secondo il curatore “scuotono la città degli artisti come il quadro di Caravaggio non era riuscito a fare”. È vero che l’eco del Martirio di sant’Orsola, opera destinata alla collezione genovese di Marco Antonio Doria (Genova, 1572 - 1651), passò pressoché inavvertita, ma è altrettanto vero che Genova conobbe una certa diffusione del caravaggismo, cui giovarono la presenza stessa di Caravaggio in città nell’estate del 1605, oltre all’arrivo di alcuni importanti artisti influenzati dalla sua lezione, tra i quali Orazio Gentileschi, Simon Vouet [...]

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"Il 'Caravaggio della Mafia' non è stato distrutto", ora in versione integrale in italiano, di Carole Blumenfeld e Michele Cuppone

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La confessione di un pentito di Cosa nostra davanti alla commissione parlamentare antimafia conduce sulla pista del Caravaggio rubato. L'articolo, contenente informazioni inedite, apriva il numero 1 di "The Art Newspaper Daily" ed è stato ripubblicato poi su “The Art Newspaper Russia”. Per la prima volta, viene ora riprodotto integralmente in italiano da “About Art online”.

La prima pagina de "L'Ora" di lunedì 20 ottobre 1969, dedicata al furto della Natività






Nella notte tra venerdì 17 e sabato 18 ottobre 1969, sparisce la Natività con i santi Lorenzo e Francesco, una tela di Caravaggio di circa 3 metri di altezza per 2 di larghezza conservata nell'Oratorio di San Lorenzo a Palermo. Da allora "il Caravaggio della mafia", una delle opere più ricercate al mondo assieme al Picasso di Rio de Janeiro, ha fatto versare fiumi di inchiostro. Leonardo Sciascia, d’altronde, ha dedicato al soggetto il suo libro postumo Una storia semplice (1989). Per alcuni la tela sarebbe stata mangiata dai topi dopo essere stata lasciata negligentemente in un granaio. Per altri, sarebbe stata fatta a pezzi ... Il giornalista britannico Peter Watson, autore del libro The Caravaggio Conspiracy (1984), racconta peraltro che aveva ottenuto un appuntamento con un mercante per esaminare il quadro, ma che il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 avrebbe sconvolto i suoi programmi … Tra collaboratori di giustizia e scrittori, tutti hanno voluto dare la propria versione
La speranza di ritrovare un giorno il Caravaggio era in parte affievolita quando Francesco Marino Mannoia aveva dichiarato il 5 novembre 1996, durante il processo al senatore Giulio Andreotti, di aver egli stesso partecipato al furto e distrutto il quadro che aveva considerevolmente danneggiato, avendo ben poca dimestichezza nel maneggiare le opere d’arte! 
Cinque decenni dopo i fatti, Mannoia, sempre sotto arresto, ha dichiarato di aver inventato di sana pianta questo racconto. Un colpo di scena che segue un altro, altrettanto importante. Un pentito di Cosa nostra, un certo Gaetano Grado, oggi settantenne, membro della famiglia di Santa Maria di Gesù, è stato interrogato dalla commissione parlamentare antimafia– una commissione dai poteri giudiziari – e ha descritto con precisione le circostanze in cui fu coinvolto nell'affare. La sua testimonianza è considerata particolarmente attendibile, poiché da quando ha deciso di collaborare con la giustizia, si dimostra molto loquace e un certo numero di informazioni si sono rivelate esatte, dalle più sordide alle più rivoltanti, come gli investimenti della mafia nelle imprese di Silvio Berlusconi
Secondo Grado, appena la sparizione del quadro fu annunciata dalla stampa, lunedì 20 ottobre, i vertici di Cosa nostra l'avrebbero incaricato di mettere le mani sulla tela. In meno di una settimana, particolare inedito, egli ritrovò i quattro ladri– una nuova informazione pubblicata qui poiché si parla spesso di due ladruncoli –, dei teppistelli locali che sono stati ora tutti identificati e interrogati cinque decenni dopo i fatti. La Natività fu consegnata prima a Stefano Bontade, poi a Gaetano Badalamenti. A partire dalla fine del mese di ottobre 1969, Cosa nostra si diede da fare per cercare un acquirente e a negoziare il prezzo. Il quadro trovò una persona interessata in Svizzera, o quanto meno grazie a un intermediario svizzero. Grado ha appena descritto nel minimo dettaglio alla commissione antimafia l’incontro con un mercante elvetico il cui nome gli sfugge – ammesso che l’abbia mai saputo –, ma di cui avrebbe riconosciuto il ritratto, un individuo morto da tempo. Il quadro avrebbe seguito il canale abituale utilizzato dalla mafia per le sue operazioni illecite in direzione della Confederazione elvetica. Così, sei mesi dopo il furto, il Caravaggio, venduto, lasciò "integro" la Sicilia [...]

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"Caravaggio. La maledizione e la luce", su La7 lunedì 2 aprile

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Caravaggio. La leggenda di una vita "maledetta" e l'incanto della luce. Il giallo del furto della Natività. E lo spettacolare forziere dell'arte dei Musei Vaticani.
Sono i contenuti della prossima puntata di "Atlantide. Storie di Uomini e di mondi".
In onda lunedì 2 aprile alle 21:10 su La7, per la conduzione di Andrea Purgatori.

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I miti e il Territorio nella Sicilia dalle mille culture. L'evoluzione del Caravaggismo nell'arte Contemporanea in mostra a Marsala

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Ventitré capolavori per documentare come il "Caravaggismo" si è evoluto nell'arteÈ questo l'obiettivo della mostra, curata da Franco Paliaga e Andrea Maggio, dal titolo I miti e il Territorio nella Sicilia dalle mille culture. L’evoluzione del Caravaggismo nell’arte Contemporanea” che è stata inaugurata nella chiesa di San Pietro a Marsala e rimarrà aperta fino al 16 maggio. Tra le opere esposte 12 sono del passato degli autori Francesco Furini, Nicolas Régnier, Bernardo Strozzi, Pietro Novelli, Gerard Douffet mentre altre 10 sono realizzate da artisti contemporanei come Ugo Levita, Loredana Meo (unica del territorio), Rocco Normanno, Michelangelo della Morte e Alex Folla. Tra gli altri autori delle schede in catalogo  oltre ai curatori , Vittorio Sgarbi e Sandro Bellesi.
L’iniziativa è stata promossa e organizzata dall’Associazione culturale “Fiera Franca Ss. Salvatore” in collaborazione con l’Associazione Culturale “Lab_04” e il patrocinio del Ministero dell’Interno FEC, Regione Sicilia, Beni Culturali, Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Trapani, Città di Marsala, Accademia di Belle Arti “Kandinskij” di Trapani e Club Unesco di Marsala. 
«Caravaggio è stata una grande figura e ha influenzato molto la pittura degli artisti siciliani – ha affermato Paliaga – e in questa mostra abbiamo voluto mettere a confronto il passato con il presente: quadri ispirati a lui nel 600 con artisti di oggi che in qualche maniera si ispirano al suo stile. È un accostamento molto interessante. Ci sono dei talenti in Italia come Loredana Meo che andrebbero valorizzati». «Il nostro progetto continua ad allargare i nostri parametri di visibilità sfruttando le esigenze del contemporaneo – ha concluso Maggio – Mettere a confronto opere del '600 con opere contemporanee fa capire che l’arte non ha tempo». 
La mostra è visitabile dal lunedì al giovedì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20. Dal venerdì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 22. Domenica mattina chiuso (Fonte: Giornale di Sicilia)

Anche Caravaggio nella serie tv "Il Mistero dei Capolavori Perduti"

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Sky Arte Hd inaugura giovedì 5 aprile una serie di otto documentari in prima serata su altrettanti capolavori tragicamente perduti. Tra questi, la Natività di Palermo di Caravaggio
Alla serie tv, intitolata "Il Mistero dei Capolavori Perduti", è dedicato anche un sito web con informazioni su ciascuna delle opere, ciascuna protagonista di una puntata. 
I documentari raccontano, per otto giovedì consecutivi alle 21:30, attraverso interviste e testimonianze di artisti ed esperti, la storia di un celebre dipinto, della sua scomparsa e del processo che ha portato alla sua rimaterializzazione in laboratorio.

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Il "Martirio di Sant'Orsola" nell’incontro tra arte e innovazione

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Lo scorso dicembre nella sede delle Gallerie d’Italia di Piazza Scala a Milano, la società TSW, specializzata in neuromarketing, ha condotto una serie di rilevazioni su un campione di trenta visitatori, analizzando le risposte psicofisiologiche – movimenti oculari e attivazione del sistema nervoso centrale e periferico – generate dalla visione di quattro opere della mostra L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri, in corso fino all’8 aprile: le tre tele dedicate al Martirio di Sant’Orsola, realizzate da Caravaggio, Bernardo Strozzi e Giulio Cesare Procaccini, e l’Ultima cena di Procaccini, l’imponente dipinto (40mq) esposto dopo un importante intervento di restauro [...].
Grazie all’utilizzo di occhiali eye-tracking per la visualizzazione dei movimenti oculari e dei punti di maggior focalizzazione, di un misuratore dell’attività elettrica cerebrale per l’identificazione delle risposte emotive e di un braccialetto per la rilevazione della micro-sudorazione periferica, sono stati registrati i differenti impatti emotivi delle quattro opere d’arte. L’impiego dell’analisi psicofisiologica, sulla base di una serie di indici derivati dalla letteratura neuroscientifica più recente, ha consentito di valutare l’esperienza di fruizione artistica per ciascuna tela. Il Martirio di Sant’Orsola di Caravaggio, capolavoro della collezione di Intesa Sanpaolo, e l’Ultima cena di Procaccini sono risultate le opere di maggiore impatto per l’intensità emotiva provata dal campione di visitatori. Il Martirio di Sant’Orsola di Caravaggio ha generato la più elevata risposta di piacevolezza. L’Ultima cena di Procaccini ha attratto e trattenuto maggiormente l’attenzione, registrando il più alto grado di engagement [...]

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Valentina Certo ospite della puntata di “Passato e Presente” dedicata a Caravaggio, in onda il 9 Aprile

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Il programma di approfondimento storico-culturale, condotto dal giornalista e storico Paolo Mieli, vedrà come ospite d’onore della puntata il prof. Franco Cardini e tre giovani studiosi del Caravaggio, che dialogheranno sulla vita del pittore cinquecentesco, sulle opere ed il contesto storico-sociale in cui ha vissuto. Il giornalista si propone di raccontare i grandi e piccoli eventi e i personaggi che hanno segnato la storia del mondo, per fornire strumenti di conoscenza del tempo in cui viviamo. Tra gli studiosi che interverranno in studio lunedì ci sarà appunto anche Valentina Certo, autrice del saggio “Caravaggio a Messina” edito nel maggio 2017 da Giambra Editori
Laureata in Beni Culturali all’Università di Messina, dopo aver conseguito la laurea magistrale in Storia dell’arte presso l’Ateneo di Catania, nel 2016 Valentina ha partecipato con la sua tesi di laurea al concorso “La nostra terra” di Giambra editori, vincendone la pubblicazione. Di Caravaggio ha approfondito lo stile dei quadri siciliani e le tele dipinte nella città dello Stretto: La Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori (fonte: 24live.it)

"Cupido e la Morte", un dipinto 'in odore' di Caravaggio, in mostra a Conversano

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Cupido e la Morte, nella sala del Museo della Cattedrale a Mdina che lo custodisce 

Visitabile dal 14 aprile al 30 settembre a Conversano, presso il Castello normanno e la chiesa di San Giuseppe, la mostra "Artemisia e i pittori del Conte. La collezione di Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona"
Il percorso espositivo include il dipinto Fortitudine Pares (Cupido e la Morte), proveniente dalle collezioni del Museo della Cattedrale di Mdina (Malta), ivi conservato sotto il nome, poco appropriato, di Battistello Caracciolo. Presentata per la prima volta in Italia e sottoposta a un'attenta pulitura effettuata per l’occasione da Roberta Lapucci, l’opera - ancora di autore anonimo - è al momento oggetto di ricerca, come già in passato di John Gash e Catherine Puglisi, da parte della stessa Lapucci che, nel riesaminare le varie attribuzioni già fatte, valuta anche l’opportunità di attribuzione a Michelangelo Merisi il Caravaggio, aggiungendo informazioni sulla iconografia e sulla tecnica - in particolare, nella preparazione si sono trovati elementi già rinvenuti nelle opere siciliane e maltesi sia del Caravaggio che del Minniti (fonte principale: comunicato stampa).

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Conferenza di Pierluigi Carofano "Quadri caravaggeschi in cerca d'autore", il 13 aprile a Roma

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Il passaggio in asta di un’opera d’arte di rilievo rappresenta una preziosa occasione per poterla ammirare e commentare dal vivo. A tal proposito venerdì 13 aprile alle 18, presso Bertolami Fine Arts in piazza Lovatelli a Roma, si terrà la conferenza di Pierluigi Carofano "Quadri caravaggeschi in cerca d'autore", con interventi di Pietro di Loreto e Luca Bortolotti.
Tra i dipinti ospitati in questi giorni a Palazzo Caetani Lovatelli in vista delle prossime aste di maggio, vi sono due notevoli tele di ambito caravaggesco che da anni suscitano l’interesse degli specialisti di settore – tra cui l’affascinante Apollo e un’antica copia dei Bari di Caravaggio definita da Roberto Longhi“la migliore da me vista”.
Sono bellissime opere in cerca d’autore e per le quali sono stati già avanzati nomi come Tommaso Salini ('nemico' di Caravaggio) e il Maestro di Buranello. È stato chiesto a un noto specialista di pittura caravaggesca, Pierluigi Carofano, di ricostruirne l’intricata storia attributiva e di aiutare a capire come si arriva a un’attribuzione
Seguirà un aperitivo.

Info e prenotazioni:
06 3218464 – 06 32609795 – 345 0825223

"La fanciulla con la cesta di frutta" inaugura il Teatro Casa Alberto Sordi, il 19 aprile a Roma

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In scena uno spettacolo liberamente ispirato al rapporto tra Caravaggio e Mario Minniti, il secondo dei due ritenuto da alcuni modello in opere giovanili del primo

Giovedì 19 Aprile alle 19.30 la compagnia teatrale The Ghepards inaugura il Teatro Casa Alberto Sordi portando in scena lo spettacolo “La fanciulla con la cesta di frutta” scritto e diretto da Francesco Colombo con Grazia Capraro, Marco Celli, Adalgisa Manfrida e Michele Ragno
La pièce, premiata nel 2016 dal pubblico come miglior spettacolo al Roma Fringe Festival, è ambientata in un museo, precisamente a Galleria Borghese, Roma. Il personaggio raffigurato nel quadro di Caravaggio “Il fanciullo con la canestra di frutta”, rompe il silenzio assordante che regna nella sala ed inizia a parlare. “Nessuno mi conosce, nessuno sa chi sono, nessuno si ricorda di me”. Si tratta di Mario Minniti, modello di Caravaggio e pittore siciliano, “intrappolato per l’eternità” dentro alla sua cornice. È così che inizia a prendere vita un divertente dialogo tra Minniti, il dipinto, e Caravaggio, il suo creatore, entrambi interpretati da Marco Celli. Due voci che si rispondono, un dualismo che prende vita all’interno di una cornice e fa esplodere la domanda centrale del testo: “Chi è l’opera? Chi l’artista?".
Altri tre stranissimi personaggi arrivano lentamente sulla scena: Gesù (Michele Ragno), un angelo voglioso di iniziare a peccare (Adalgisa Manfrida), un angioletto muto (Grazia Capraro). Anch’essi con mille dubbi e domande irrisolte circa la loro creazione, la loro vita eterna in una tela, i loro sguardi posati su un mondo che scorre ogni giorno davanti alla loro costante immobilità. Gli interpreti de “La fanciulla con la cesta di frutta” hanno ricevuto il premio come miglior attori emergenti al Roma Fringe Festival 2016. 
“Fin da ragazzo, visitando i musei, rimanevo incantato di fronte alle grandi opere dei Maestri - afferma il regista Francesco Colombo - mi soffermavo a lungo ad ammirarle e immaginavo che mi parlassero. Pensavo a quanto sarebbe stato bello visitare un museo di notte, da solo, in un silenzio spaventoso, senza i gruppi di turisti che rumoreggiano e scattano fotografie di soppiatto. Tornavo a casa, e nella mia cameretta continuavo a fantasticare sui quadri. Mi chiedevo quale fosse il rapporto tra i modelli rappresentati nelle opere e l’artista. Poi ho scoperto che ne Il fanciullo con la cesta di frutta di Caravaggio il modello, Mario Minniti, era a sua volta pittore, nonché (si dice) suo amante. Ho provato allora a immaginare quali sentimenti albergherebbero dentro i personaggi dei quadri, se potessero prendere vita. Quanta invidia deve provare Mario Minniti nel vedere migliaia di persone che si fermano a guardare il quadro che lo incornicia per sempre e sentire parlare i visitatori solamente della grandezza di Caravaggio? Cosa proverebbe ad essere ricordato innanzitutto come modello, al limite come possibile amante, e non come artista? “La gente vede me, quindi sono io l’opera d’arte e quindi l’artista!” forse direbbe... 
Ma quando Mario Minniti, il pittore, si trova a sua volta davanti a una delle proprie opere, il suo punto di vista cambia? L’artista è l’opera o chi viene raffigurato? Va da sè poi che un autoritratto non ha questo dilemma, o che la ballerina di Degas è felice di essere stata immortalata per l’eternità nella sua posa. Che i modelli si fanno la guerra rispetto ai vari periodi artistici.” 

Fonte: Ufficio Stampa Theatron 2.0 (stampa.theatron@gmail.com)

Parla Anna Coliva: Databases per Caravaggio e Bernini, non servono troppe indagini ma ricerca e studio

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Si riporta di seguito un estratto dell'intervista per la parte relativa a Caravaggio

R: [...] Caravaggio e Bernini sono i simboli stessi della Galleria Borghese ed è quasi un dovere, se posso dire, raggruppare tutte le documentazioni acquisibili, tutti i riferimenti possibili e ogni dato inerente alle loro vicende umane e artistiche. Per Caravaggio poi il discorso vale ancora di più e credo che sia importante che un database che lo riguardi nasca proprio qui, nella Galleria Borghese, dove sono presenti opere che riflettono la prima fase e l’ultima della sua poetica, testimonianze precise del cambiamento della sua tecnica esecutiva, non della evoluzione, perché Caravaggio non si evolve. Mi sono spesso domandata come sia possibile che un progetto del genere non sia ancora stato messo in opera, ed oggi grazie all’aiuto di uno sponsor privato –perché si tratta di progetti assai costosi- ed in partnership con ilGetty Research, cioè il più grande centro di ricerca e produzione di strumenti digitali applicati agli studi storico artistici, abbiamo finalmente iniziato a colmare questa lacuna. 
–Puoi chiarire come è stata impostata la cosa? E quali obiettivi perseguite? 
R: Un lavoro del genere dev’essere quanto più possibile neutro, seguito da un comitato scientifico di alto profilo; il nostro scopo è assolutamente e dichiaratamente scientifico, vale a dire raccogliere tutti i dati a disposizione che riguardino le opere di Caravaggio, collegandoci con tutti quei musei e istituzioni che possiedono opere di Caravaggio, come il Louvre, ad esempio, con cui siamo già in contatto; l’obiettivo è creare una vera rete istituzionale che metterà a disposizione degli studiosi, affinché possano prenderne visione e trarne spunti di lavoro, tutto quanto è possibile: bibliografie, aggiornamenti filologici e storico critici ed ogni altro tipo di documentazione; insomma, scheda per scheda, opera per opera, metteremo in rete tutti gli elementi di studio che concernono il genio lombardo, comprese naturalmente le analisi diagnostiche. 
–Mi dai l’occasione per chiedere cosa ne pensi di questa serie di iniziative espositive e convegnistiche, l’ultima a Milano con la mostra Dentro Caravaggio, incentrate proprio sui rilevamenti diagnostici. 
R: Penso che si stia giocando un po’ troppo su questo terreno con il rischio di ridimensionare il ruolo e la figura stessa dello storico dell’arte; mi pare che le analisi diagnostiche non sempre siano bene interpretate se non a volte addirittura ‘forzate’, ed in ogni caso non mi pare affatto, proprio a vedere le ultime mostre, che possano fare chiarezza, al contrario; ma dov’è la risoluzione degli annosi problemi circa le repliche, le copie ecc? Guarda i ‘doppi’ di Caravaggio, il San Francesco in meditazione e il Ragazzo morso dal ramarro, io ovviamente ho le mie convinzioni, ma i dubbi su quale sia l’originale sono stati tutt’altro che sciolti, tanto da chiedersi a che servano convegni, mostre, cataloghi anche piuttosto dispendiosi; ma poi guarda le pubblicazioni: ci sono sempre le stesse cose; ora si parla di disegni preparatori, ma sono in realtà dei segni che indicano dei posizionamenti operati dall’artista, e dove la cosa che fa impressione è che sono sempre dei tratti uguali sia nei lavori che sicuramente sono di Caravaggio sia in quelli che non lo sono; insomma, alla fine se non si ha un riscontro altamente specialistico capace di riconoscere la mano dell’artista, cioè dello storico dell’arte, con le analisi puoi fare quello che ti pare; come diceva il compianto Gigi Spezzaferro: ”Perché è Caravaggio? Perché se vede!”. Quindi per rispondere alla tua domanda, personalmente credo che non ci sono ancora stati grandi avanzamenti negli studi, anche perché per capire devi sapere e per sapere devi studiare, studiare molto, vedere molto, confrontare, avere sensibilità ed occhio alla materia, ma soprattutto avere lo sguardo sgombro, non rivolto ad un attribuzionismo molto spesso mercantile. 
–Personalmente ho assistito a parte del convegno milanese seguito alla mostra Dentro Caravaggio ed effettivamente devo dire che proprio sui ‘doppi’ le posizioni erano molto distanti nonostante il profluvio di analisi, pentimenti, incisioni e così via; mi è sembrato quasi che studiosi pure molto preparati tendessero a ribadire semplicemente i loro punti di vista. 
R: Qui tocchi un punto dolente: questi convegni, simposi, conferenze, che tra l’altro sono sempre ristretti alle stesse persone, in realtà servono veramente? Io credo proprio di no, come dici tu, ognuno va a ripetere le sue posizioni; qual è il grande problema degli studi caravaggeschi? Forse quello relativo alle repliche, alle riproduzioni delle opere dell’artista? Noi qui alla Borghese siamo pieni di analisi diagnostiche ed anzi abbiamo un dipinto la Madonna dei palafrenieri che probabilmente è l’unico dove è venuta fuori un’autentica novità; in tutti gli altri casi i riscontri sono assolutamente sovrapponibili. 
–Tu quindi neghi o comunque non credi che le indagini diagnostiche possano aiutare a risolvere l’annoso dilemma se Caravaggio replicasse o no i suoi lavori? 
R: Sono ormai vent’anni che personalmente sto seguendo lo sviluppo di queste analisi e che prendo atto e mi confronto con tutto quanto è stato e viene ancora fatto, e dopo tanti anni una cosa ho capito, ma dovremmo averla tutti capita, cioè prima di tutto che con le analisi scientifiche l’autografia di un’opera non si è in grado di stabilirla, e quindi continuando a seguire questo percorso il problema delle repliche resterà senza soluzione, perché alla fine quello che dimostrano le analisi è questa sorprendente –ma altrettanto ovvia e banale a mio avviso- somiglianza di risultati, fatte salve pochissime eccezioni che però non riguardano quadri di Caravaggio sub judice, ossia quelli dubbi o attribuiti, confrontati con uno ‘buono’; quelli tali rimangono e questo mi pare già un dato significativo che dovrebbe fare statistica. 
–E quindi? 
R: Quindi ne deduco che quello delle repliche caravaggesche sia un falso problema e che la cosa davvero importante sarebbe non trovare una impossibile soluzione ma stabilire che la questione esiste ed è presente, che non è stata risolta in alcun modo se non con attribuzioni ‘forzate’ che lasciano il tempo che trovano; ti dico -al di là ora di Caravaggio– che quando un’attribuzione è giusta e riuscita dà soddisfazione, altrimenti lascia insoddisfatti; quindi è inutile stare a scarabocchiare questi dipinti con le analisi: se ho gli occhi azzurri, per quante analisi del Dna mi possano fare, azzurri restano.
–Un’altra cosa su cui vorrei sentire il tuo parere riguarda i ritrovamenti archivistici che sembrano ridisegnare i primi tempi di Caravaggio a Roma –spostandone l’arrivo non prima del 1595/96- e quindi delle opere realizzate prima dell’ingaggio presso il cardinale Del Monte. 
R: Beh, anche qui, non mi pare che si possa andare oltre un’ipotesi ed anzi secondo me quello che molti validi studiosi hanno proposto sulla prima fase romana del Merisi, compresa la realizzazione delle prime opere, resta valido, come pure sulle datazioni delle opere successive non mi pare ci sia troppo da ridiscutere. Si tratta in ogni caso di aspetti intorno ai quali il database potrà essere molto utile dal momento che presenterà l’insieme dei dati disponibili, compresi i pareri degli esperti riguardo a questo tema delle datazioni, una sorta di punto di partenza indispensabile, in sostanza, che, voglio ribadirlo, dev’essere considerato come uno strumento di studio.
–Sarà uno strumento che potranno consultare tutti
R: Si, ma naturalmente condiversi livelli d’accesso; ad esempio, se ci sono dati che un eventuale proprietario ritiene particolarmente delicati, ci si potrà entrare solo con delle chiavi d’accesso prestabilite e autorizzate. 
–Quindi mi dici che ci saranno anche eventuali opere di privati? Anche nel caso che il proprietario ritenga possano essere attribuite al Merisi? Come sai, questo sta diventando un vero problema. 
R: No, è chiaro che non possiamo accettare tutti e tutto; noi opereremo una scrematura che interesserà tutte le opere che siano conosciute o che emergano e ci sarà un settore dove compaiono i lavori sicuri e uno per le altre proposte presentate con una certa autorevolezza. Sia che questa autorevolezza derivi dal molto tempo passato rispetto alla prima proposta attributiva, sia che derivi dai dati a corredo dell’attribuzione; insomma per essere chiari, se un’opera diciamo così ‘discussa’ presenta vari elementi a favore, quali possono essere i pareri degli esperti, i documenti e così via, è ovvio che verrà considerata; al contrario tutto l’attribuzionismo giornalistico, se posso dire così, non interessa, lascia il tempo che trova. A questo aggiungerei che nostro scopo è anche quello di riunire databases parziali che pure esistono e collaborare con altre istituzioni, senza chiuderci su noi stessi. 
–Ad esempio? 
R: Ad esempio con l’Hertziana che ha in cantiere un progetto di database, o anche con musei stranieri che coltivano progetti settoriali con i quali si aprono delle collaborazioni perché studi di questo tipo si arricchiscono con le collaborazioni.
–Pensi che costituendo un database così ricco, ampio e, come dicevi tu, neutrale sarà possibile arrivare a sciogliere quegli enigmi che, nel caso di Caravaggio, si trascinano da tempo e continuano a dividere gli esperti? Ad esempio, pensi che sarà possibile individuare l’originale nel caso di opere molto simili che se ne contendono il titolo? 
R: No, come dicevo prima non sarà una macchina, per quanto tecnologicamente avanzata e moderna, e neppure un esperto di diagnostica a sciogliere i dubbi, anche per il motivo che non sempre c’è certezza nei riscontri. Perché i grandi istituti di ricerca vogliono che le indagini scientifiche si svolgano nei loro laboratori? Perché il protocollo che si segue in un istituto quasi sempre differisce da quello di un altro; noi l’abbiamo sperimentato con Bernini: abbiamo dovuto fare tutte le indagini noi per non rischiare di avere risultati disomogenei. E poi lasciami dire che non esiste un deus ex machina capace di risolverci i problemi; se un dipinto di Caravaggio è ‘dubbio’ da vent’anni vuol dire che c’è qualcosa che non va, hai voglia a fare analisi! 
-Puoi dirmi qualcosa ora sui tempi entro cui pensi che i dati possano essere a disposizione degli studiosi? 
R: Beh, noi stiamo lavorando già da tempo; quest’anno abbiamo siglato l’accordo e il finanziamento del progetto (evito di raccontarti i soliti ritardi e intralci burocratici riscontrati) e intanto si inseriscono i dati; tanto per dire, ci vorrà credo un anno per immettere i dati dei nostri quadri
-Diciamo che entro il 2019 se io ne avessi bisogno potrei venire in Galleria a far ricerche con il database
R: Si, certo, però ovviamente va tenuto presente che questi non sono progetti a tempo, dato che i dati vanno aggiornati di continuo; io poi voglio lasciare alla Galleria qualcosa che sia utile per sempre, anche perché un database non si esaurisce in un determinato periodo di tempo [...]

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Il 'fac-simile' della Natività di Caravaggio: una "ferita aperta"? Le diverse opinioni di Franco Luccichenti e Mario Ursino

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'Entusiasmo' e perplessità sulla collocazione nell'oratorio di San Lorenzo a Palermo di una riproduzione innovativa della Natività di Merisi. Per la quale, tuttavia, nemmeno si può parlare di "copia" (né tanto più aggiungere che sia "perfetta" o "fatta con la massima cura"): vedi quanto già osservato su ArtItalies 2017 (link) - in particolare, sull'erronea interpretazione di taluni dettagli, sul mancato utilizzo di parte della documentazione fotografica disponibile, su alcune scelte deliberate di modificare il contrasto dell'unica foto presa a riferimento



Ferita aperta, di Franco Luccichenti

Andrea Purgatori su Atlantide(La7) ha dedicato parte della interessante puntata di qualche giorno fa su Caravaggio al misterioso furto della Nativitàavvenuto nella chiesa di S Lorenzo a Palermo il 18 ottobre del 69. Purgatori ha parlato nella trasmissione della scelta di inserire una copia perfetta nel vuoto lasciato nell’oratorio della chiesa dall’opera perduta e della estrema difficoltà tecnica di “ricostruire ” la pala di Caravaggio. La scelta a suo tempo è stata ampiamente dibattuta ma vedere Atlantide mi ha portato ad alcune considerazioni. 
E’ giusto cancellare una assenza drammatica rappresentata dalla sparizione fisica dell’originale e riempire un VUOTO di alto valore simbolico con una maschera perfetta? 
La materia dell’originale è conseguenza di un atto creativo complesso e misterioso emerso dalle profondità dello spirito e da una densità culturale personale e meravigliosa. La maschera sostitutiva è figlia invece di una complessità tecnica messa a punto da tecnici anche se abili e sensibili. A me sembra che la sostituzione abbia apparentemente rimarginato la ferita rappresentata dalla vuota cornice dell’oratorio dove era collocata la pala. In realtà la ferita non guarirà fino al ritrovamento dell’opera e il simulacro ora esposto in un certo senso nasconde la gravità della sottrazione mascherando appunto il vuoto che doveva rimanere come ricordo e simbolo della stupidità umana. Oggi, dopo tanto tempo, uno strano gioco di specchi tra la copia e l’originale perduto fa abitare l’oratorio di S. Lorenzo a Palermo da una estraniante, densa melaniconia. L’oblio incombe sul drammatico furto (fonte: About Art online).



Punto di vista. Gli originali e le copie, di Mario Ursino

È legittimo porre una copia dove prima figurava l’originale? Direi di sì, e le ragioni sono ogni volta di natura diversa: preservare l’originale da atti vandalici, oppure per ragioni conservative o di restauro, o ancora per motivi di musealizzazione e di studio. Certo ha ragione Franco Luccichenti a dire che la copia del Caravaggio collocata nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo sta a ricordare una “ferita aperta”. Ma la vera ferita, a mio avviso, è nella perdita del famoso originale, poiché la Natività, dopo quarantotto anni, o è andata distrutta o è stata sezionata in più frammenti, e quindi difficilmente recuperabile. Se l’opera fosse ancora integra, la Mafia avrebbe avuto certamente modo di sbarazzarsene, sia pure con l’espediente del “ritrovamento” (leggi dietro riscatto).
Tuttavia, “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica …” (W. Benjamin) ha raggiunto oggi risultati di altissima definizione, come lo straordinario fac-simile delle Nozze di Cana del Veronese, realizzato dall’artista britannico Adam Lowe, e collocato nel 2007 nel Refettorio di San Giorgio Maggiore, oggi della Fondazione Cini. L’opera figura egregiamente al posto dell’originale che si trova al Louvre e che è inimmaginabile possa ritornare a Venezia. Va ricordato tra l’altro che i veneziani all’epoca, vedendosi negata la restituzione di quel capolavoro sottratto da Napoleone per punire la fedeltà della città all’Austria, chiesero ai francesi in sostituzione un’opera di pari dimensioni, cosa che è avvenuta e oggi all’Accademia di Venezia è conservata una bellissima tela di Charles Le Brun (1619-1690), Maria Maddalena ai piedi di Gesù, opera considerata uno dei capolavori dell’artista francese, ma che certo non ha, almeno da noi, la stessa notorietà delle Nozze di Cana del Veronese. 
In definitiva, fin dai tempi antichi, la copia di qualità ha avuto sempre grande valore: non conosceremmo gli originali greci perduti se non attraverso le repliche di età romana. Questo per dire che la riproduzione della Natività del Caravaggio sarà stata fatta con la massima cura, usando le tecniche più innovative, non solo per colmare l’orribile vuoto sull’altare di San Lorenzo, ma anche per restituire ai fedeli nel luogo sacro un’opera collocata lì per devozione (fonte: About Art online).

Di Maio, Salvini e Berlusconi diventano "I bari" di Caravaggio in un murales firmato Sirante

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Il murales, collocato nei pressi del Quirinale, è già stato prontamente rimosso


Un quadro con tanto di cornice, in stile caravaggesco col titolo 'I bari', che ritrae Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi in abiti d'epoca, intenti a giocare a carte, e con accanto la firma 'Sirante'e tanto di cartellino in stile museale con il titolo e la descrizione. E' la nuova opera di 'street art' apparsa questa mattina su un muro di via dè Lucchesi, di fronte alla sede dell'Agenzia ANSA, a due passi dal palazzo del Quirinale dove il presidente Mattarella è impegnato in questi giorni nel secondo giro di consultazioni in vista della formazione del nuovo governo.
L'opera, corredata da una larga cornice dorata in polistirolo attaccata al muro, è accompagnata dal cartellino in semplice carta bianca, anch'esso incollato al muro di fianco a destra, con la data "2018", la tecnica utilizzata, "stampa grafica su carta" e la descrizione: "Sirante prende spunto da una celebre opera del suo maestro. Il quadro rappresenta una truffa. Un anziano 'ingenuo' sta giocando a carte con un suo oppositore il quale in complotto con un suo avversario trucca il gioco della politica. Questa scena, così teatrale, descrittiva e realistica contiene un monito morale, una condanna del malcostume, in particolare delle strategie dei politici"
La nuova installazione ricorda l'opera di 'street art' con il bacio fra Salvini e Di Maio, a firma 'Tvboy', apparsa nelle scorse settimane in via del Collegio Capranica a due passi da Montecitorio (fonte: Huffington Post).
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